Donna non è una brutta parola
La storia e il futuro dietro alle donne, un saggio sull'interdizione lessicale, una canzone intramontabile, gli Oscar, Cigno, Galassia Immaginaria, Americanata, rassegna stampa. La lingua e noi?
Storie e linguaggi sono il nostro punto di vista sul mondo e qui in ILDA di questo discutiamo, perché riteniamo benefico ragionare a voce alta e ascoltare opinioni e conoscenze di chi come noi usa questo tipo di sguardo. Prendo a cuore la parola “donna” perché il bel saggio che sto leggendo, Le brutte parole di Nora Galli de’ Paratesi, mi mette in guardia dall’interdizione, dall’autocensura, dalla sostituzione. E però fatemi dire che il ragionamento che sto per fare vorrei valesse l’1% della nostra attenzione, si risolvesse alla meglio e velocemente, va bene anche con volantini pieni di congiunzioni e, e lasciasse tutto lo spazio e il tempo dovuto alla lotta.
Oggi è la giornata internazionale dei diritti delle donne, giornata agitata all’interno dei movimenti femministi che non riescono a trovare un punto di incontro su molte questioni politiche, per esempio la gestazione per altri, e lessicali, che poi sono politiche anch’esse, per esempio l’utilizzo dell’espressione “persona con utero” in luogo di donna, così da includere nella categoria persone di soggettività diverse con apparato riproduttivo femminile.
Ho sentito spesso dire che con “persona con utero” non si intendono cancellare le donne come categoria storica e sociale, e che in certi ambiti, come quello medico, l’espressione non fa altro che includere e non cancellare, perché riguardo alla medicina ginecologica il punto non è lo status storico-sociale della paziente, ma i suoi organi da curare.
Io non lo credo. Se si parla di candida forse sì: dobbiamo curare la vulva come si cura un braccio rotto, una gola infiammata. Se si parla di gravidanza, se si parla di aborto, se si parla di anticoncezionali, perfino se si parla di cistite e secchezza vaginale, condizioni legate a doppio filo alla meccanica della penetrazione, si parla di storia della condizione della donna, una storia di oppressioni e tentativi di emancipazione dall’uomo. Una storia di donne che non hanno studiato, che hanno cucinato, che hanno fatto la guerra, che sono morte di parto, che non hanno votato, che non hanno avuto un conto corrente, che sono state picchiate, che sono state costrette al matrimonio, che sono state costrette all’atto sessuale, che sono state umiliate in famiglia, che sono state segregate, che non hanno potuto scegliere per i propri figli, che sono state mutilate, che non hanno guidato né viaggiato, che non sono entrate nei luoghi sacri, che si sono inchinate, che si sono vestite o svestite come ordinato dagli uomini.
Ogni volta che si dice donna si dice questo, così come ogni volta che si dice nero si dice della schiavitù, delle piantagioni, della segregazione, del razzismo e del pregiudizio, delle differenze economiche, dei commenti padronali sulle parti del corpo, i capelli, il culo, il pene, dei commenti colonialisti sulla musica nel sangue, l’inaffidabilità, la tenacia, la scansafaticaggine, si dice della blackface, dei bodyguard negli alberghi di lusso e da Zara, di Martin Luther King, del primo presidente nero degli Stati Uniti, della polizia che ammazza, di Black Lives Matter.
Qualche anno fa discutevamo di quanto e se fosse opportuno che una traduttrice bianca potesse trovare le parole giuste per rendere la scrittura di poete e romanziere nere. Può una donna bianca rendere la sensibilità di una donna nera figlia della tradizione nera? Io e il mio sguardo laico e liberale pensavano e pensano di sì. Pensavo e penso, in parallelo, che la traduttrice bianca dovesse lungo il suo lavoro porsi il problema di non essere nera, e in virtù di quella consapevolezza andare alla ricerca della sensibilità-sorella, delle parole giuste, che di certo non dovevano esserle precluse, ma che neanche poteva fingere o pretendere non avessero una connotazione che non l’aveva mai riguardata in prima persona.
Il discorso con le persone con utero è identico. L’espressione è nata per includere tutte le soggettività che non vogliono loro, per autodeterminazione, dichiararsi donne. Per quanto mi riguarda le donne trans sono donne, e blaterare di bagni pubblici pericolosi, di carriere sportive intraprese di proposito per vincere con facilità o di altre allucinazioni è transfobico. Parimenti, tutte le persone che legittimamente non si riconoscono nella storia della parola donna, che non l’hanno portata addosso di generazione in generazione, possono lottare per vedersi riconosciuti i propri diritti, pretendere di essere viste e nominate, portare alla luce la loro condizione discriminata, possono accusare, denunciare e rivoltarsi contro chi non vuole concedere loro spazi e possibilità, donne comprese. E in parallelo possono andare alla ricerca della loro sensibilità-sorella quando si parla di donne.
Possono comprendere che l’aborto non è solo un intervento medico, e non è solo un diritto di tutte le persone abilitate a portare avanti una gravidanza che non vogliono, ma è anche parte integrante della storia, della politica e del corpo delle donne, di chi ha combattuto attraverso il corpo e lo ha usato per autodeterminarsi, una rivendicazione viva e faticosa e conflittuale e a rischio e che ancora oggi riguarda le donne in una percentuale gigantesca, quasi totale, dei casi.
Sensibilità sorelle, rivendicazioni sorelle, lotte sorelle. Quando si trattava di divorzio, dicevamo donne. Quando si tratterà di specifiche discriminazioni verso alcune identità di genere, diremo persone con utero. Quando si tratta di aborto dal punto di vista medico, fianco a fianco, donne (storica maggioranza) e persone con utero (minoranza con pari diritti). Non esiste un’espressione che può arrogarsi il diritto di includere tutte, se quelle tutte non si sentono riconosciute, se quelle tutte non vengono più, o ancora, nominate. Che le donne vedano le persone con utero e che le persone con utero vedano le donne. La lotta al patriarcato si fa puntando verso gli uomini.
Francesca de Lena
"La repressione sessuale è forse, assieme al timore magico-religioso, l'inibizione più forte tra quelle che sono alla base dei fenomeni di interdizione linguistica. Come quella religiosa essa, pur vedendoci dall'esterno, cioè dalla società e dalle sue usanze, è fortemente interiorizzato e opera ormai nell'inconscio. A tale repressione corrisponde una reazione, sicché i termini che si riferiscono a fatti e concetti connessi col sesso hanno una bassa frequenza d'uso quando il linguaggio è espressione di un contenuto riflesso, ma un'altissima disponibilità e quindi di fatto una notevole frequenza nell'espressione irriflessa ed emotiva, cioè nell'invettiva."
Colonna sonora
Questo pezzo qui, ieri, oggi, domani, ancora.
Notiziona della bi-settimana
Domenica 2 marzo c’è stata l’annuale cerimonia degli Oscar 2025. Imprevedibilmente (o forse no?) a fare incetta dei premi più ambiti è stato Anora, un film decisamente piccolo rispetto alla grandezza che ci si aspetta (ma forse non ce la si aspetta più oramai?) di vedere sul palco dei vincitori.
Ingiustamente secondo noi, in una sorta di inception in cui la vita imita l’arte, Demi Moore, fino all’altro ieri osannata per il suo ruolo in The Substance, perde la statuetta di Miglior Attrice nello scontro con Mikey Madison, interprete della giovanissima Ani, che ha molti tratti in comune con il personaggio interpretato da Margaret Qualley nel film di Coralie Fargeat.
Cose belle: il piccolo miracolo di Flow, film d’animazione fatto con Blender che ha battuto i colossi regalando il primo Oscar alla Lettonia (e tantissime lacrime a chiunque lo guardi), la vittoria di No Other Land, il documentario che tutti dovremmo andare a vedere al cinema, Isabella Rossellini in velluto blu, e qualche perla sul red carpet che ci è sembrato tutto sommato una delle cose meno noiose della cerimonia.
Brevissima e incompleta lista dei film che non hanno mai vinto nulla ma che ci ricorderemo sicuramente più di tanti vincitori
Psycho (1960) – Hitchcock non ha mai vinto un Oscar per la regia.
Taxi Driver (1976) – Nominato per quattro Oscar, ma non ha vinto nulla.
Blade Runner (1982) – Il capolavoro di Ridley Scott, neanche una statuetta.
The Big Lebowski (1998) – La commedia dei fratelli Coen ha ottenuto un'enorme successo, ma nessun riconoscimento dall'Academy.
Mulholland Drive (2001) – David Lynch ha ricevuto il suo unico Oscar onorario alla carriera nel 2019, ma i suoi film non sono mai stati premiati dall’Academy.
Full metal jacket, Barry Lyndon, The Shining, Eyes Wide Shut: Stanley Kubrick ha vinto una sola statuetta nella sua carriera, quella per gli effetti speciali in 2001: Odissea nello Spazio.
Succede a ILDA
IL CIGNO IN GIRO
Per chi ha voglia e curiosità di incontrare Luca Mercadante a proposito del suo La fame del Cigno,
Mercoledì 19 marzo al Circolo dei lettori di Torino, occasione per presentare l’audiolibro di La fame del Cigno per Audible, letto da Michele Albani
Giovedì 20 marzo alla rassegna Giardino segreto di Bologna, a cura e con Chiara Belliti
Giovedì 27 marzo alla Biblioteca di San Donà di Piave
Venerdì 28 marzo alla libreria La forma del libro di Padova, con Massimo Carlotto
Sabato 29 marzo alla libreria Lovat di Villorba (TV).
Luca sarebbe felicissimo di incontrarvi, se lo vedete diteglielo che siete lettori ILDA!
Galassia immaginaria
“Ognuno in questa città è connesso al Loop in un modo o nell’altro. Voi ascolterete le loro storie, nel tempo”. A introdurci nel mondo narrativo di Tales from the Loop è il personaggio interpretato da Jonathan Pryce che rompendo la quarta parete si rivolge direttamente allo spettatore, allargando lo spazio che ci distanzia dalle storie raccontate negli episodi. Non che ce ne fosse bisogno. La cittadina misteriosa potrebbe trovarsi in qualsiasi parte dell’emisfero nord del mondo, in un tempo che è sicuramente non presente ma che potrebbe tanto essere un passato di mezzo secolo fa o un futuro sfrondato di ogni superfluo, in cui fisica sperimentale avanzatissima e architetture anni ‘70 convivono. Una serie in cui l’atmosfera è tutto, come in ogni raccolta di racconti.
Tales from the Loop, serie sci-fi di Amazon Prime Video, è la protagonista del nostro incontro di marzo, insieme a Orbital, di Samantha Harvey, NN.
Se ti va di partecipare all’incontro, sappi che si terrà il 19 marzo 2025 alle 19:00. Sei ancora in tempo! E come al solito non c’è obbligo di lettura e visione, basta solo essere curios*!
Per saperne di più trovi tutto qui.
La bi-settimana editoriale
Dal 31 marzo a Bologna comincia la 62°edizione della Bologna Childrens Bookfair.
L'Associazione Italiana Editori organizza il primo di una serie di convegni dedicati alla promozione della lettura nel Sud e nelle Isole.
L’International Booker Prize Longlist (in inglese) presenta quest’anno il numero più alto mai registrato di editori indipendenti.
Andrea Cortellessa racconta la nuova edizione di Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, un unicum nella letteratura italiana.
“Ancora oggi la maggior parte dei film continua a evitare di rappresentare personaggi che indossano le mascherine, preferendo nelle trame far finta che non ci sia mai stata una pandemia. Le persone ‘non vogliono più pensarci, hanno chiuso con la pandemia’”. La pandemia nella produzione culturale.
Un lunghissimo elenco di musicisti, che si sono collettivamente firmati come 1000 UK Artists, ha rilasciato oggi su Spotify un album intitolato "Is This What We Want?" che ha la particolarità di essere completamente muto.
Maurizio Cattelan, Michelangelo Pistoletto, Enzo Cucchi, Emilio Isgrò e tanti altri artisti firmano una lettera contro il Governo in appoggio delle gallerie, per abbassare l’IVA.
Voi lo sapevate che esistono i book stylist?
L’americanata di Chiara
“La gente mi chiedeva sempre: ‘Sei un’artista o una poeta? E quando fai una cosa, è diverso dal fare l'altra?’ Per anni ho quasi sentito di dover stabilire una differenza e poi spiegarla. Ma in realtà, per me, non c’è alcuna differenza. Che sia attraverso le parole che uso o le immagini che creo, il mio obiettivo è dire: ‘Non è bellissimo?’ Anche se sono consapevole di tutta la violenza e la bruttezza che ci circondano, questi momenti della nostra vita che mettiamo insieme sono così fugaci, meravigliosi e, emotivamente, così ricchi e potenti.”
Da The Offing, “Q&A with JoAnne McFarland, author of American Graphic”, di Gabrielle Civil, trad. Chiara M. Coscia
https://theoffingmag.com/interviews/qa-with-joanne-mcfarland-author-of-american-graphic/
Appuntamenti
Ho lasciato che fossi: a marzo e ad aprile al Circolo dei Lettori a Torino un ciclo di incontro sul tema della maternità.
Dal 16 al 19 marzo ad Abano Terme (PD) c’è Tribuk.
Dal 15 al 22 marzo a Pordenone c’è Dedica Festival.
Dal 21 al 23 marzo a Milano c’è Bookpride.