Le estati passate a scrivere
Mi è sempre piaciuta, da un punto di vista estetico, la frase di Flannery O’Connor secondo la quale se qualcuno sopravvive all’infanzia e all’adolescenza allora ha materiale per scrivere per tutto il resto della vita. Mi è piaciuta, mi ha affascinato fin dalla prima volta che l’ho letta, però solo razionalmente. Per molto tempo non sono mai riuscito a interpretarla davvero, ad andare al di là della battuta provocatoria da fare agli allievi che lamentano di non avere niente di cui scrivere.
Poi è successo che da un po’ di anni trascorro l’estate a cercare in giro nuovi esercizi di scrittura da proporre durante i laboratori autunnali. Finiti i manuali sono andato a pescare nel mondo dei laboratori teatrali, quelli in cui l’attore che vuole diventare autore-di-sé-stesso viene spinto spalle al muro costringendolo alla scoperta dell’Io più intimo. Ho spiato poi nei laboratori di pittura, e in quelli di poesia, in altre lingue o anche in percorsi che non riguardano la narrativa in senso stretto: spesso mi affascinano esercizi che non c’entrano affatto con la scrittura, ma sono “rubati” a psicologi e analisti, o perfino a quelle guide di auto-accrescimento per diventare manager di successo.
Per capire quali siano davvero funzionali, quali potrò piegare ai propositi dei miei laboratori, questi esercizi devo farli prima di tutto io. Ed eccomi dunque a passare l’estate facendo introspezione, a tu per tu con il me stesso più profondo. Inutile dire che se fatti in maniera superficiale, solo per vedere come vanno a finire, questi esercizi scadono in un batter d’occhio in giochini passatempo, e sono utili allo scrittore come la lettura dell’oroscopo.
Ma io sono uno che quando sta con la penna in mano si prende molto sul serio e con la stessa attitudine testo questi percorsi introspettivi. Non è una cosa che mi piace, portarli a termine. È anzi se non doloroso quantomeno scomodo, alle volte imbarazzante.
Ora, per tornare a O’Connor, la cosa interessante è che neanche uno di questi esercizi, da quello preso dalla scuola di danza primordiale a quello dello yoga sciamanico, fino a quello proposto dal manager americano con il sigaro in bocca che vuole insegnarti “l’atteggiamento per far soldi”, neanche uno di questi, nessuno escluso, va a toccare l’infanzia.
A voler fare gli psicologi da spiaggia è facile dire che ciò accade perché è lì, nell’infanzia, che custodiamo le ferite più profonde, quelle che hanno determinato chi siamo. Volendo invece solo per un minuto essere più cinici, si può pensare che nella geografia della nostra memoria l’infanzia e l’adolescenza sono il punto più lontano da dove ci troviamo oggi e quindi quello di più facile osservazione: per quanto scomodo possa essere rievocare il bambino che ero, non sarà mai così difficile come mettermi davanti allo specchio e guardare l’uomo che sono oggi. Che poi è quello che dovremmo fare quando ci mettiamo a scrivere.
Dopo anni in cui, di estate in estate, gioco con i miei ricordi e con percorsi esperienziali diversi, posso dire che quel periodo è una grande fonte non tanto di aneddoti, storie o situazioni da trasfigurare in racconti e neanche di emozioni, quanto di energia interpretativa del presente.
Ed è forse in questo modo che va letta la frase di O’Connor: non evochiamo le nostre estati passate per scrivere del nostro primo bacio e neanche per infondere quella magia in una scena di pura fiction; non lo facciamo per scrivere di quel bambino o di quell’adolescente, lo facciamo per mettere loro la penna in mano e costringerli a scrivere di noi.
Luca Mercadante
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Prendere la penna in mano e costringersi a scrivere di sé: è quello che succede in Ipotesi di romanzo, il corso di scrittura condotto da Luca Mercadante, che esplora i principi universali della narrazione insieme a quelli particolari della tua idea, che ti lascia immergere nel tuo bagaglio emotivo mentre ti insegna i capisaldi razionali del fare storie: amalgama il tutto e ti fa scrivere con ragione e sentimento.
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A seguito della nostra ultima call, la classe di Apnea ’22/’23, insieme con la redazione e sotto la supervisione di Francesca de Lena, ha letto, selezionato e poi editato 5 racconti per la pubblicazione.
Questa settimana pubblichiamo i tre racconti decretati vincitori dalla giuria di scrittrici Barbara Fiorio, Veronica Galletta, Sarah Savioli, che ringraziamo:
Il pane di Sant’Antonio, di Emanuela D’Amore, editato dalle allieve editor Silvia Pillin e Giovanna Tondini, ha vinto il terzo premio.
Polly TV, di Luca Dore, editato dalle allieve editor Daniela Pala e Dalia Merotto, si è aggiudicato il secondo premio.
E, infine, Almeno da morta, di Elena Marassini, editato dalle allieve editor Chiara Averna e Ambra Dini, è il racconto vincitore del primo premio.
Complimenti alle autrici e all’autore e buona lettura!
La settimana editoriale
È morta Victoria Amelina, la scrittrice ucraina che aveva documentato i crimini di guerra russi. Qui un articolo di Paolo Giordano da Il Corriere della Sera.
Per Ottavio Fatica, traduttore di Melville, Kipling e Céline, tradurre bene è come un incontro di arti marziali.
“Siamo arrivati al libro snaturato, da testo a immagine auto-sussistente. Lo abbiamo reso definitivamente una merce: lo tocchiamo, lo mettiamo su un tavolo insieme ad altri oggetti.” Silvia Gola, su Il tascabile, scrive di critica e vita letteraria.
Su Il Post cosa rende l’episodio di una serie tv un “episodio bottiglia”.
E se Tik Tok si mettesse a pubblicare i libri?
Su Doppiozero, Gianni Bonina parla dell’arguzia e dell’umorismo di Mark Twain, che Ernest Hemingway riteneva “il precursore della letteratura americana contemporanea”.
Il mestiere dello stroncatore per Alessandro Piperno.
“Esiste, quindi, la possibilità che un personaggio muoia? O perlomeno che muoia la sua serie? [...] Beh, diciamo che a volte esiste la possibilità che muoia il suo autore.” Leo Ortolani su La Lettura parla di morte (e immortalità) dei personaggi dei fumetti.
Per Mack, casa editrice inglese, è in uscita The Artist’s Book, una raccolta degli otto libri della fotografa Francesca Woodman. Se ne parla su il manifesto.
Un’intervista di Elisabetta Berti a Yan Pei-Ming, il pittore franco-cinese in mostra a Palazzo Strozzi.
Come d’aria, di Ada D’Adamo, edizioni Elliot, ha vinto il Premio Strega 2023. Potete leggerne un estratto pubblicato da il Post.
Appuntamenti e opportunità
Posizioni aperte per lavorare in editoria.
Dal 13 al 16 luglio, a Pesaro, l’UlisseFest.
Sempre dal 13 al 16 luglio, a Rimini, il Riminicomix.
Domenica 16 luglio, a Pontremoli, il Premio Bancarella.
Adolescenziali, i fantasmi delle newsletter passate.
Ci vediamo sabato 15 luglio con l’ultima newsletter prima dell’estate.
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