La lingua delle nostre storie
Un periodo turbolento costringe spesso a riconsiderare abitudini e pratiche. Mi affido dunque alla versione rapida e digeribile della meditazione: le app, che con voci suadenti mi dicono di portare l’attenzione sul respiro, mi raccontano storie di persone che sono riuscite a mettere a cuccia le emozioni negative, mi spiegano la scienza dietro la felicità in modo pop e spettacolare. Le parole che queste voci usano per calmarmi sono tutte semplici, cristianeggianti e in inglese: Happyness, Forgiveness, Gratitude. Qualcuno mi ha chiesto perché ascolto queste meditazioni guidate in una lingua che non è la mia, aggiungendo: “È l’inglese il tuo linguaggio emozionale?”.
Non mi sono addentrata nei manuali di psicologia, come forse avrei voluto, per capire cosa significasse in termini tecnici questa domanda, ma mi sono persa alla ricerca di esempi nella mia esperienza: in quale lingua mi sembra più semplice esprimere concetti legati alla sfera emotiva? Quali sentimenti sono maggiormente connessi all’inglese, che ho imparato da adulta ma che ho respirato da sempre; quali alla lingua sarda, parlata dai miei nonni, primissimo esempio sia di coppia che di caregiver nella mia vita; quali all’italiano, a cui mi sono sempre aggrappata come appoggio sicuro, ma del tutto mentale?
Lavorare con le parole ha generato per forza di cose in me un’attenzione maniacale ai singoli vocaboli ed espressioni, sviluppando un’ipersensibilità non sempre funzionale alla comunicazione. E se l’italiano è diventato dopo un po’ una lingua dietro la quale nascondersi con facilità, un giochino di cui tutto sommato si conoscono i meccanismi, l’inglese mi ha sempre lasciata scoperta: è la lingua in cui ho dovuto chiedere ai negozianti di parlarmi come se fossi un bambino quando non capivo, la lingua in cui ho studiato le discipline più amate, e anche quella in cui litigo e in cui dico cose come I love you. Insomma, la lingua della vulnerabilità. Ma è anche la lingua dei desideri: quella delle canzoni che ascoltavo da bambina, fantasticando su avventure future, quella che ha permesso esplorazioni e fughe, che mi ha aperto la porta a nuove conoscenze. È la lingua delle grandi narrazioni, di storie sedimentate nella memoria, ma anche dei concetti iper-semplificati elevati a valori universali.
Forse alla mia lingua madre, quella dalla quale pretendo fin troppo, non perdonerei parole semplici, narrazioni lineari, un linguaggio che mi appare superficiale. Ma all’inglese, solitamente la lingua degli ostacoli e degli avvenimenti (insomma, la “mia” lingua delle storie), permetto di accogliermi morbidamente: non solo mi lascio rassicurare dalla paratassi estrema, ma possiamo anche parlare di felicità senza che mi senta in colpa per la semplificazione, posso leggere di perdono senza fare continuo appello al mio scetticismo, e posso persino godermi storie che parlano di cambiamento senza auto flagellarmi.
Riservare degli spazi di leggerezza al linguaggio delle emozioni (qualunque esso sia, da un idioletto personale fatto di gergo e dialetto a una lingua fittizia, letteraria, o appartenente al passato) significa per me, trovare un nuovo modo di fruire delle storie: meno cerebrale, più creativo e, sicuramente, con meno pregiudizi.
Primavera Contu
Succede a ILDA
Abbiamo finalmente i vincitori della call “Interno giorno”!
La redazione, le allieve e gli allievi di Apnea hanno letto con passione e attenzione tutti i racconti ricevuti. Ne hanno selezionati 7 e ci stanno lavorando su, in accordo con autrici e autori, così da pubblicarli sulla nostra rivista nella loro forma migliore.
La giuria composta dalle scrittrici Barbara Fiorio, Veronica Galletta e Sarah Savioli ha composto il podio:
primo premio a Elena Marrassini per La nostra vita con Chi, che progetterà il suo romanzo con Luca Mercadante.
secondo premio a Luca Dore per Polly TV, che incontrerà online Francesca de Lena per una consulenza sul suo romanzo.
terzo premio a Emanuela D’Amore per Il pane di sant’Antonio, che riceverà una scheda di lettura firmata dalla nostra caporedattrice Patrizia Carrozza.
Giovedì sera in Apnea ci siamo spostati dall’altro lato della scrivania per leggere non più con gli occhi dell’editor, che guarda la storia ancora informe e piena di difetti, ma con gli occhi del critico letterario, che la guarda ormai compiuta e pubblicata, esposta nelle vetrine delle librerie.
A guidarci c’era Matteo Marchesini, saggista e critico letterario per Radio Radicale, il Sole 24 ore, Il Foglio, Doppiozero.
Estasiati dalla sua bellissima e appassionata lezione, abbiamo deciso di costruire un intero corso di critica letteraria, che vi proporremo all’inizio del prossimo anno.
Se non vedete l’ora, perché un corso sulla critica è proprio quello che stavate aspettando, scriveteci a ilibrideglialtri@gmail.com.
Riceverete informazioni in anteprima e avrete uno sconto del 10% al momento dell’iscrizione!
La settimana editoriale
Nasce MULTI Museo Multimediale della Lingua Italiana.
Sono stati annunciati i 9 finalisti del Premio Italo Calvino.
Non una recensione, ma un’analisi molto interessante di Demetrio Paolin su Il Passeggero di Cormac McCarthy: “E così McCarthy racconta il nostro inabissarsi dentro il linguaggio, il nostro diventare solo linguaggio e quindi il nostro farci muti”. Su La Ricerca.
Silvia Pareschi su il Post scrive invece un pezzo molto commovente su come nasce e come muore la lingua di una coppia, quando la coppia non c’è più: “La morte di una relazione è anche la morte di una lingua, quella lingua unica e speciale parlata da due persone che si amano, creata nel tempo passato insieme, fatta di ricordi, di ammiccamenti, di ironie e carezze verbali.”
È finita l’ultima stagione di Succession, la serie tv di cui più si è parlato in questi ultimi anni. Ne scrive Giulio Silvano su Rivista Studio.
Altra analisi sulla cultura pop: i (non) festival musicali italiani e la narrazione della “vita lenta”. Di Fiamma Mozzetta, su siamomine.
Su Internazionale Emilia Mazzacurati smonta una scena di dialogo tratta dal suo film Billy, commentandola mentre la osserviamo. (Noi, che come sapete amiamo smontare ogni cosa, suggeriamo ai registi di copiare fortissimamente copiare questa bella idea).
Ormai un vero e proprio (e interessantissimo) genere letterario: il diario di traduzione di Isabella Pasqualetto, a proposito del suo lavoro su La seconda casa di Rachel Cusk.
Una bella lista di serie tv crime inglesi poco conosciute.
International Booker Prize: lista di tutti i vincitori dal 2005 a oggi, se non sapete cosa leggere.
Su Linkiesta, Nadia Terranova suggerisce di andar a vedere le tragedie classiche al teatro greco di Siracusa (o forse ovunque vengano rappresentate): “E voglio pensare che questo rito ci migliori: sederci in migliaia sui gradoni e trovare in presenza di Euripide un nuovo vocabolario per la politica, per l’oggi, per le nostre vite”.
È il compleanno di Truman Show (25 anni, ma se li porta benissimo).
Appuntamenti e opportunità
“L’italia è un desiderio”: open call sul paesaggio contemporaneo.
Dal 6 giugno, a Carmagnola - Torino - c’è Letti di Notte.
A Palermo, dall’8 all’11 giugno, torna Una Marina di Libri.
Sempre dall’8 all’11 giugno, a Cremona, il Porte Aperte festival.
Dal 9 all’11 giugno, a Baronissi - Salerno - Libro aperto, festival letteratura per ragazzi.
Emotivi, i fantasmi delle newsletter passate.
Ci vediamo sabato 10 giugno.
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