Il cinema ha le visioni, la letteratura i suoni
No, il dibattito su Sorrentino no; un villain presidente degli USA; lista per capirla, l'America; vuoi editare il tuo romanzo in Apnea?; Postilla n°15; Galassia; rassegna stampa; ricordi la scena?
C’è quel vecchio adagio del “purché se ne parli” attribuito a Oscar Wilde – che la diceva meglio di così – e che un tempo aveva a che fare solo con la pubblicità e poi si è esteso al giornalismo – a un certo modo di fare giornalismo – e poi sono arrivati i social ed è diventato luogo e legge comune per ogni argomento, con i suoi sostenitori (“smuoviamo l’opinione pubblica!”) e i suoi detrattori (“più condividete più gli date potere!”). Fenomeno, voluto o temuto che sia, che si presenta soprattutto in ambito politico e culturale e che nel tempo si è trasformato in una sorta di occupazione da cui nessuno riesce a liberarsi, così tutti parliamo di tutto e pubblicità-giornalismo-politica-cultura lo sanno, e chissà se noi facciamo il gioco loro o loro fanno il nostro, non ha più senso neanche domandarselo.
Dunque di recente questo fenomeno è riapparso a proposito dell’ultimo film di Paolo Sorrentino, Parthenope, film che ho visto e su cui ho detto una cosa anch’io, e non l’avessi mai fatto. È cominciata con me che proponevo di non forzare letture femministe sul film e sulla protagonista del film – perché non ha alcun senso tentarle, perché a Sorrentino palesemente non interessa creare un’opera femminista e dunque criticare che non ci sia del femminismo nella sua opera è una pratica inutile – ed è finita che qualcuno mi ha accusata di pensare che Sorrentino è femminista. Se ricordate il gioco del telefono senza fili di quando eravamo bambini avete capito come.
Ma non importa, succede, quel che importa è che davvero attorno a questo film si è creato il famoso dibattito di morettiana memoria che conduce ognuno a parteciparvi dal piano della propria strettissima prospettiva, per forza di cose riduttiva nei riguardi di un’opera massimalista, estetica, visionaria, ambiziosa a torto o a ragione, e quindi a parlare di tutto e di niente, e quasi mai di cinema.
A me il film non è piaciuto granché, ne ho molto amato altri suoi e altri ho trovato brutti, per cui non ho alcun tipo di pregiudizio positivo o negativo riguardo a Sorrentino quando decido di andare al cinema per un suo film: tutto quello che faccio è accomodarmi in poltrona e guardare. La capacità di guardare è la chiave dichiarata di Parthenope e capirete come qui, che di questa capacità facciamo opera di studio e formazione, questa chiave ci solletichi come poche altre. È il motivo per cui ne avevo parlato invitando a non guardare sotto lenti etichettate, a non guardare aspettando o chiedendo, a non guardare per cercare risposte, accordi o disaccordi.
Piuttosto esercizio interessante per chi legge e scrive può essere cogliere le vicinanze e le differenze tra i media e i linguaggi, le grammatiche e i codici. Il cinema ha le visioni, la letteratura la lingua. A un Sorrentino scritto non darei il credito che do a un Sorrentino per immagini, perché per quanto si sforzi la lingua non riesce a creare le immagini che crea il cinema, la lingua crea suoni e in questo è più simile alla musica.
Un ipotetico estetismo letterario non può andare più di tanto in direzione cinematografica, alla ricerca di una qualità che non gli appartiene per costituzione, e che ricercata sotto sforzo crea confusione spazio-temporale, iper-descrizione, giustapposizione in luogo di una pur minima traccia di plot: perché quelle che crea la pagina non sono visioni, ma qualcosa di più simile al racconto inconscio o, ad alta voce, al racconto orale.
Sulla pagina più che guardare si ascolta, anzi si sente, nel senso che si percepisce, si prova, si vive come durante un’ipnosi. E questo è uno dei motivi per cui chi compie forzature estetico-letterarie non può adombrarsi se qualcuno gliene chiede conto, e men che meno può rispondere: “E allora Sorrentino?”.
Francesca de Lena
Colonna sonora
Questo pezzo, che fa parte della colonna sonora di un altro film di Sorrentino. Vediamo se indovinate quale — e che scena. Dai, che è facile!
Notiziona della settimana
Ci sono state le elezioni negli USA, e come ormai sappiamo tutti ha vinto il candidato Repubblicano Donald Trump. Senza nasconderlo, la nostra reazione di mercoledì mattina è stata questa:
Non abbiamo commenti altri da fare che possano arricchire la conversazione in questo clima di preoccupazione e incertezze, in un contesto globale in cui ci sembra che l’ultima cosa di cui avevamo bisogno era quello che a tutti gli effetti assomiglia al peggior villain di ogni storia che abbiamo letto. Raramente ci avventuriamo nel campo della politica su queste pagine, e anche in questo caso preferiamo lasciare che siano i libri a parlare, a offrire prospettive, approfondimenti e – forse, ci auguriamo – qualche possibilità di comprendere.
Lista di voci e visioni americane e sull’America per comprenderne meglio i meccanismi
Eric Foner, Storia della libertà americana, trad. A. Merlino, Donzelli
Alice Kessler Harris e Maurizio Vaudagna, Democracy and the Welfare State. The Two Wests in the Age of Austerity, Columbia University Press
Nancy Isenberg, White Trash. Storia segreta delle classi sociali in America, trad. P. Cecioni, minimum fax
Isabel Wilkerson, Caste. The Origin of our Discontents, Penguin
Zac Beuchamp, Lo spirito reazionario. Come il lato oscuro della politica americana ha infettato tutto il mondo, trad. L.Briasco, minimum fax
Claudia Rankine, Citizen. Una lirica americana, trad. S. Bre e I. Ferretti, 66thand2nd
Richard Yates, Undici solitudini, trad. M. Lucioni, minimum fax
John Steinbeck, Furore, trad. S.C. Perroni, Bompiani
Gloria Anzaldùa, Terre di confine. La frontera, trad. P. Zaccaria, Edizioni Black Coffee
Barbara Kingslover, Demon Copperhead, trad. L. Prancing, Neri Pozza
J.D. Vance, Elegia americana, trad. R. Merlini, Garzanti
Dopesick su Disney +
Little America su Apple TV +
Mo su Netflix
E poi ancora:
L’episodio di Globo in cui Eugenio Cau discute il risultato elettorale con Francesco Costa.
La nazione più sola del mondo, di Marta Circolari Micaldi.
Libri sulla storia del diritto di voto in America su Electric Literature.
Consigli di lettura per comprendere la classe in America da Lit Hub.
Un articolo di Rebecca Solnit che leggerlo oggi fa un po’ male.
Dall’archivio politico di The Yale Review, alcuni articoli storici ancora rilevanti.
La risposta più bella di tutte: I’m going to love the hell out of you. All of you.
Succede a ILDA
La classe di Apnea 9 è immersa nello studio del manoscritto “Animali fantasmi”, e non sa che qui stiamo già lavorando alla ricerca del manoscritto protagonista di Apnea 10.
Ebbene sì, apriamo la call!
Fino al 5 gennaio 2025 hai tempo per candidare il tuo romanzo inedito come protagonista della prossima edizione di Apnea.
Il lavoro che verrà fatto sul tuo romanzo sarà gratuito e ti permetterà di acquisire consapevolezza autoriale, capacità narrative e, speriamo, una pubblicazione.
Vuoi editare il tuo romanzo in Apnea? Segui le istruzioni.
Postilla
Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà. Per partecipare leggi qui.
Postilla n°15
Caro Ivan,
consiglio a te per consigliare a tutti di non mandare mai in lettura una porzione di testo con dei tagli. Tenta sempre la strada dell’organicità e scegli parti che riescono a rispettare il limite di battute senza amputarsi. O al massimo ometti la fine. Come scrivevo poco più su, la scrittura è un suono, e per valutare quel suono è molto importante poterne seguire il ritmo, le pause, le scelte di sguardo. Ora tenterò ugualmente di dirti quel che penso sul tuo scritto, ma sappi che la mia attenzione è ormai per la maggior parte catalizzata da quei puntini tra parentesi quadre che mi indicano quel che non posso leggere 🙂
Parliamo di tempo. Sono passati molti anni (1) e c’è una sera da ricordare (2) al trapassato prossimo (3): tre indicazioni ci dicono che siamo girati all’indietro ma da una collocazione presente. E poi altre tre indicazioni spazio-temporali: In quel momento (4), esattamente nel punto in cui (5), da lì (6).
Alla terza riga ne abbiamo già 6. Questo accumulo è sospetto: più che precisare, confonde. Conosciamo poi i personaggi: Benedetta era una ragazza ferita, che non aveva mai avuto così bisogno dei suoi amici attorno a sé (ora o allora?), Sebastiano si era tolto, una dopo l’altra, tutte le sue maschere, e non aveva più paura di essere giudicato (quindi non ha più paura ora, giusto?), Andrea, infine, aveva iniziato ad ascoltare il suo passato ed era sempre più convinto che tutti fossero degni di essere salvati (ora sta ascoltando il suo allora, giusto?)
Da quel momento in poi, tutto sarebbe cambiato: siamo ancora alla sera dell’inizio. E poi continuando:
Ancora oggi
quella sera
e di nuovo:
Quella sera
In quel momento
Questa insistenza e questa costruzione ferma nell’oggi per guardare a ieri confonde sul piano spazio-temporale e su dove/quando sia importante guardare.
Eppure sta per accadere qualcosa di imponente: davanti ai loro occhi, c’è una pistola.
Decidi se quello è il momento cardine da raccontare, e raccontalo fino in fondo, scendendo nel presente (o nel passato remoto, che è lo stesso) dell’evento. Oppure, se non lo è, raccontaci l’adesso, il punto in cui sono Benedetta, Sebastiano e Andrea, invece di tenerli con il collo girato all’indietro, a guardare così tanto quello che è già stato che non abbiamo ancora capito bene chi sono. Avrai il tempo di far tutto, se non ti affannerai dietro alla gestione del tempo.
Ciao, buona scrittura 😊
Francesca de Lena
Galassia immaginaria
Una coppia del mese che sta facendo già discutere molto, con opinioni disparate in merito, nel gruppo di Galassia Immaginaria. Si pregusta un incontro vivace e intenso! Per chi si volesse sintonizzare in corso d’opera, si parla di SEGRETI:
Le venti giornate di Torino, di Giorgio De Maria, Neri Pozza. Qui trovate un’intervista a Giovanni Francesio che lo aveva pubblicato per Frassinelli e ora lo ha ripubblicato per Neri Pozza (anche la storia editoriale è molto interessante, in questo caso!) e un articolo in inglese dove se ne parla in maniera molto interessante.
+
Disclaimer, di Alfonso Cuaron, Apple TV +. Qui un pezzo di IndieWire sull'uso del punto di vista, della seconda persona e sul voice over secondo Cuaron.
Ci vediamo lunedì 18 novembre, alle ore 19:00.
Durante l’incontro annunceremo anche le coppie del mese di novembre. Sei curios*? Per saperne di più: trovi tutto qui. Se hai voglia di partecipare sei sempre in tempo, scrivici a ilibrideglialtri@gmail.com!
La bi-settimana editoriale
A proposito di America e di sguardo interno agli Stati del Sud, è morta Dorothy Allison, scrittrice, tra gli altri, di La bastarda della Carolina.
Bellissima videointervista di Igort a David Cronenberg.
Intervista di Gianmaria Tammaro a Silvio Orlando.
Nell’ultima puntata del podcast Comodino, Ludovica Lugli e Giulia Pilotti intervistano la scrittrice inglese Rachel Cusk.
«Piccoli brividi serve a motivarli a leggere, non voglio davvero spaventarli. Ok, forse solo un pochino», dice R.L. Stine, autore della storica serie di horror per ragazzi Piccoli Brividi.
Siamo arrivati alla fine del GRA? (Parliamo di grande romanzo americano, non di strade italiane). Se lo chiede questo articolo di Cristiano de Majo su Rivista Studio
“Il fandom ha avvelenato il mondo”: Alan Moore, autore di Watchmen, su supereroi, Comicsgate e Trump. Sul Guardian, godibilissimo. (In inglese).
Rileggere Elegia americana per comprendere rancori e ambizioni dell’elettorato di Trump, di Andrea Germani su ilTascabile.
È morto Quincy Jones. Rolling Stones stila una lista di film per conoscerlo.
L’americanata di Chiara
“La responsabilità del poeta? […] Ne parliamo continuamente perché è inesorabilmente mutevole, pluripotente. Non siamo mai soddisfatti delle nostre risposte. Penso spesso che la responsabilità del poeta sia quella di cercare di diventare la memoria di cosa significhi essere umani: una costante in continua trasformazione. Nella poesia, la gamma di metafore e temi è limitata, prevedibile, ma gli stili sono innumerevoli. Pensiamo a come leggiamo la poesia di secoli fa senza più preoccuparci del suo linguaggio arcaico. Di quella poesia antica rimane solo la musica di ciò che significa essere umani. E forse è proprio questo ciò che desideriamo dalla poesia. Un linguaggio della vita.”
Da The Yale Review, “Interviews: Fady Joudah. The poet on how the war in Gaza changed his work”, di Aria Aber, trad. Chiara M. Coscia
https://yalereview.org/article/fady-joudah-interview
Appuntamenti
Tutte le mostre d’arte da vedere a novembre in Italia.
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